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PERCHÉ SI DOVREBBE PARLARE DI ASSE MICROBIOTA- INTESTINO-CERVELLO-MENTE


PERCHÉ SI DOVREBBE PARLARE DI ASSE MICROBIOTA- INTESTINO-CERVELLO-MENTE

Le recenti scoperte relative le dinamiche tra i microorganismi che compongono il microbiota, la barriera intestinale ed il sistema nervoso centrale hanno diffuso il concetto dell’asse microbiota-intestino-cervello ma, in questa definizione riduzionistica vengono grandemente sottostimate le interazioni biunivoche con la mente umana.

Abstract

In questo scritto si sottolinea l’esigenza di considerare anche l’aspetto psicologico all’interno dell’asse costituito anche dal microbiota, dall’intestino e dal cervello, per evitare l’ennesimo errore riduzionistico consistente nel pensare che i processi neurali del sistema nervoso centrale siano completamente sovrapponibili a quelli psicologici.

Nella specie umana, caratterizzata dalla natura massicciamente integrata tra gli aspetti biologici, psicologici e socioculturali, risulta fondamentale includere anche l’aspetto psicologico e socioculturale all’interno delle continue e vicendevoli interazioni che interessano l’asse microbiota-intestino-cervello per comprendere al meglio questo sistema altamente complesso interpretando correttamente i dati che stanno emergendo dalla letteratura scientifica. 

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Generalmente si parla di asse “microbiota-intestino-cervello” per connotare tutte le interazioni possibili tra questi tre fondamentali sistemi dell’organismo umano (e non).

All’interno di questa definizione propongo di aggiungere riferito al contesto umano anche il termine “mente” perché essa non è riducibile interamente al livello neurale così come ciascun altro termine della dicitura “microbiota-intestino-cervello” non è interamente riducibile al livello fisico-chimico molecolare di cui è composto.

Questa precisazione non è motivata da un interesse puramente terminologico o filosofico perché è foriera di molte implicazioni concettuali che, di conseguenza, hanno una loro ripercussione sia nel modo di interpretare i tanti risultati già disponibili dalla letteratura del microbiota sia nelle pratiche cliniche (e non) finalizzate a promuovere la salute umana.

Prima di proseguire mi preme sottolineare che, per quanto riguarda la specie umana, il contesto di riferimento deve necessariamente essere bio-psico-sociale al fine di evitare facili riduzionismi nel trattare la salute ed il benessere (Agnoletti, 2004, Agnoletti, 2019; Engel, 1977).

La complessità del livello psicologico, così come quello socioculturale, non sono completamente sovrapponibili con i processi rispettivamente neurali ed individuali che, pur rappresentando una condizione “sine qua non”, necessaria quindi, ma non sufficiente per la loro espressione, non determinano tutte le dinamiche caratteristiche degli aspetti mentali o sociali.

Per questo motivo autori come l’embriologo evoluzionista Marcello Barbieri (Barbieri, 2003; Barbieri, 1985) così come molti altri scienziati e filosofi (Dennett & Hofstadter, 1992; Dennet, 1991; Cimatti, 2000; Gazzaniga, 2019; ecc.), sostengono a ragione che ciascun livello di complessità è caratterizzato da una sua autonomia rispetto il livello dal quale deriva pur avendo nei confronti di esso una relazione interattiva biunivoca e di necessità che però non è mai sufficiente per descriverne esaustivamente ne le peculiarità ne la complessità.   

Già nel livello più intimo e ubiquitario della biologia, cioè l’informazione genetica, dobbiamo infatti ricorrete al termine “codice genetico” proprio per sottolineare che la complessità caratterizzante la struttura fisico-chimica delle proteine non è nemmeno lontanamente riconducibile unicamente alle informazioni genetiche contenute nel DNA (Barbieri, 2003; Gazzaniga, 2019).

In termini pratici, sappiamo infatti molto bene che l’aspetto mentale è legato anche alle dinamiche neurali ma non è derivabile o riconducibile interamente ai processi causali fisico-chimici caratteristici del cervello.

Se così non fosse lo stesso concetto universale di attribuzione di responsabilità, giuridica o meno, così come quello di interazione linguistica non avrebbero alcun senso (Cimatti, 2000; Gazzaniga, 2019).

Ho fatto questa disquisizione, che apparentemente può sembrare utile solo come esercizio filosofico, perché invece possiede una enormità di conseguenze pratiche nel momento in cui si applica all’interno del contesto integrato di salute e benessere umano.

Nella maggior parte degli studi scientifici relativi l’asse “microbiota-intestino-cervello”, è possibile constatare, grazie ad una semplice ricerca sul web, la presenza, in misura quasi ubiquitaria, del termine Stress (tecnicamente sarebbe più corretto parlare di Stress psicosociale negativo) come riferimento ad uno dei più importanti fattori che influenzano la composizione del microbiota e/o la permeabilità dell’intestino facendo credere implicitamente che lo Stress sia totalmente riconducibile ad un fenomeno fisico-chimico neurale del sistema nervoso centrale (cervello).

Questa assunzione implicita deriva dal fatto che il paradigma biomedico di riferimento largamente condiviso, anziché essere quello olistico ed integrato bio-psico-sociale più scientificamente aggiornato, è tuttora ancorato alla dicotomia mente-materia dove la prima non ha interazioni causali sulla seconda. 

La fallacia di questa esemplificazione non permette di comprendere come fenomeni non fisico-chimici come le emozioni o le interazioni linguistiche o sociali abbiano un rapporto causale con i fenomeni fisico-chimici che caratterizzano la nostra fisiologia e, in ultima analisi, le nostre cellule.

Ormai la letteratura attualmente disponibile ha ampiamente confermato la natura integrata ed olistica della persona umana che coinvolge tutti gli aspetti bio-psico-sociali (Agnoletti, 2004; Agnoletti, 2018; Agnoletti, 2019; Drury et al., 2012; Epel et al., 2009; Friedrickson et al., 2013) e, piuttosto recentemente, grazie soprattutto all’affermarsi del paradigma epigenetico e lo studio del microbiota, abbiamo cominciato ad essere maggiormente consapevoli relativamente l’ulteriore complessità dei fenomeni fenotipici umani (e non) aprendo la strada anche a nuove modalità concrete e tecnologie per promuovere il benessere e la salute umana.

Alla luce di quanto finora esposto, parlare ancora di asse “microbiota-intestino-cervello” appare riduttivo e semplicistico perché sottostima grandemente le interazioni non fisico-chimiche peculiari del piano psicologico e sociale che hanno ripercussioni nei livelli neurali, intestinali e della composizione del microbiota.

Interessante notare che l’aspetto di gestione dello Stress psicosociale della nostra società attuale ha un ruolo fondamentale nel determinare la salute ed il benessere umano quindi continuare a non riconoscerlo propriamente considerando solo i suoi riflessi neurali equivale a non comprendere uno degli aspetti che più caratterizzano la specie umana.

Senza dubbio il fatto che il fenomeno dello Stress psicosociale è determinato anche da fattori soggettivi (infatti il medesimo stressor può essere vissuto in modo molto differente da persone diverse innescando reazioni neurofisiologiche molto distinte) rappresenta un elemento che poco si accorda con la visione dell’asse “microbiota-intestino-cervello” dove la soggettività non ha un adeguato spazio logico.

Per superare questo paradigma limitante che vede come unici protagonisti il microbiota, l’intestino ed il cervello nel suddetto asse, propongo di aggiungere il quarto termine “mente” al fine di sottolineare ed includere tutte quelle influenze che da una parte possono determinare cambiamenti ai livelli di analisi neurali-intestinali e del microbiota (si veda ad esempio il fenomeno dell’ansia e della depressione come fenomeno che coinvolge un’attivazione neurale, una produzione endocrina e un cambiamento nella permeabilità intestinale e nella composizione del microbiota) e dall’altra considerano le influenze psicologiche derivanti dalle dinamiche neurali endocrine, cellulari e del microbiota (si veda, ad esempio, la catena causale degli stati di ansia e di depressione indotti per preservare il cervello dalle infiammazioni di origine intestinale).

Includere nell’ “equazione” dell’asse microbiota-intestino-cervello anche il piano psicologico permette di accedere alle dinamiche esperienziali come anche quelle socioculturali passando da una visione puramente oggettiva del funzionamento umano ad una che coglie anche la natura soggettiva e molto eterogenea caratteristica della specie umana.

Nel contesto della persona umana come unità bio-psico-sociale, la mente umana, e non il cervello, detiene il primato della volontà, delle scelte dei comportamenti che non hanno una natura causale linearmente prevedibile (così come invece qualsiasi dinamica fisico-chimica) oltre ad essere, attraverso i processi attentivi, l’agente di selezione sia delle telononomie strettamente biologiche evoluzionistiche che di quelle socioculturali (Massimini, Inghilleri & delle Fave, 1996).

Comprendere come, ad esempio, ricevere al telefono la notizia traumatica che un proprio caro è deceduto per un incidente automobilistico possa influenzare grandemente e velocemente i processi relativi l’attivazione neurale, endocrina e cellulare con importanti conseguenze anche a livello di microbiota è importante così come è fondamentale capire che categorie specifiche di stati di ansia e depressione possono essere indotte da dinamiche infiammatorie intestinali (Carloni et al., 2021) senza che vi sia una causalità strettamente psicologica nell’eziologia di quegli stessi stati di ansia e di depressione.

La maggiore consapevolezza dell’asse “microbiota-intestino-cervello-mente” ha come risvolto pratico che i professionisti dovrebbero avere una conoscenze ed una competenza molto più trasversale rispetto a quella attuale perché dovrebbe includere aspetti sociali, psicologici, neurali, metabolici ed immunitari per evitare rischi iatrogeni come ad esempio, cercare inutilmente l’origine psicosociale traumatica di alcune tipologie di stati di ansia e depressione (soprattutto per la categoria degli psicologi) o sottostimare grandemente il ruolo del vissuto psicologico nella gestione dello stress nelle dinamiche fisiologiche (soprattutto per la categoria dei medici).

Cercare di agire unicamente sotto l’aspetto psicologico per trattare espressioni mentali come i disturbi ansia ostinandosi nell’identificazione di una eziologia esclusivamente psicologica, così come non considerare l’aspetto psicosociale in una qualsiasi problematica gastrointestinale come un’ulcera o una sindrome da colon irritabile insistendo nel voler “risolvere” il problema agendo a livello esclusivamente fisiologico (magari attraverso uno psicofarmaco o un inibitore di pompa protonica), appare quindi non solo miope (anche rimanendo “solo” sul piano fisiologico) ma anche potenzialmente pericoloso per il benessere e la salute globale delle persone.

Risulta chiaro quindi che la reale complessità di fenomeni che coinvolgono la globalità bio-psico-sociale dell’essere umano devono tener conto anche del ruolo fondamentale dell’aspetto psico-sociale al fine di evitare ulteriori errori riduzionistici che si ripercuotono nella pratica clinica, e non, dei professionisti che supportano i loro pazienti/clienti.  

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Bibliografia

Agnoletti, M. (2019). Il modello biopsicosociale alla luce della scienza dei telomeri. Medicalive Magazine, 3, 21-27.

Agnoletti, M. (2018). L’Asse psiche-telomeri ecco come la mente influenza l’invecchiamento. PNEINEWS, 5, 4-8.

Agnoletti, M. (2004). Il modello bio-psico-culturale. Dipav, 11, 6-13.

Barbieri, M. (1985). La teoria semantica dell’evoluzione. Torino: Boringhieri.

Barbieri, M. (2003). The Organic Codes. Cambridge: Cambridge University Press. Trad. it. (2000), I Codici Organici. Ancona: PeQuod.

Carloni, S., Bertocchi, A., Mancinelli, S., Bellini, M., Erreni, M., Borreca, A., Braga, D., Giugliano, S., Mozzarelli, A. M., Manganaro, D., Fernandez Perez, D., Colombo, F., Di Sabatino, A., Pasini, D., Penna, G., Matteoli, M., Lodato, S., & Rescigno, M. (2021). Identification of a choroid plexus vascular barrier closing during intestinal inflammation. Science (New York, N.Y.), 374(6566), 439–448. https://doi.org/10.1126/science.abc6108

Cimatti, F. (2000). La scimmia che si parla. Linguaggio autocoscienza e libertà nell'animale umano. Torino, Bollati Boringhieri.

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Drury, S. S., Theall, K., Gleason, M. M., Smyke, A. T., De Vivo, I., Wong, J. Y., Fox, N. A., Zeanah, C. H., & Nelson, C. A. (2012). Telomere length and early severe social deprivation: linking early adversity and cellular aging. Molecular psychiatry, 17(7), 719–727. https://doi.org/10.1038/mp.2011.53

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Fredrickson, B. L., Grewen, K. M., Coffey, K. A., Algoe, S. B., Firestine, A. M., Arevalo, J. M. G., Ma, J., & Cole, S. W. (2013). A functional genomic perspective on human well-being. Proceedings of the National Academy of Sciences.

Gazzaniga, M. (2019). La coscienza è un istinto. Il legame misterioso tra il cervello e la mente. Raffaello Cortina.

Massimini, Inghilleri & delle Fave. (1996). La selezione psicologica umana. Teoria e metodo d'analisi. Arcipelago Edizioni.


Fonte articolo: 

https://www.medicalive.it/perche-si-dovrebbe-parlare-di-asse-microbiota-intestino-cervello-mente/

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