LA SCIENZA DEI TELOMERI PERMETTE DI DISTINGUERE L’ EUSTRESS DAL DISTRESS?
La recente scienza dei Telomeri permette di identificare e quantificare a livello molecolare cos’è lo Stress Positivo (Eustress) distinguendolo da quello negativo (Distress).
L’attuale concetto di Stress deficita di una distinzione operativa e molecolare tra lo Stress Negativo (Distress), causa di problematiche psico-neuro-endocrino-immunologiche che riducono l’aspettativa e la qualità di vita, e lo Stress Positivo (Eustress) che preserva e promuove salute e benessere psicofisico allungando e migliorando la qualità di vita. La scienza dei telomeri, le strutture cromosomiche che determinano la longevità cellulare che possono essere misurate, offre una prospettiva originale ed operativa a livello molecolare preziosa per distinguere il Distress dall’Eustress.
--
Il concetto di Stress attualmente condiviso all’interno della comunità scientifica si basa principalmente sull’assunto che vi sia una specifica attivazione psico-neuro-endocrino-immunologica (definita anche “Stress Response”) finalizzata a ripristinare il preesistente equilibrio fisiologico dell’organismo minacciato da un agente stressante(esterno o interno rispetto l’organismo).
In questo scenario teorico l’agente stressante rappresenta sempre una perturbazione di un equilibrio (omeostatico o allostatico) dell’organismo quindi vi è stata quasi sempre la tendenza ad identificare con una connotazione negativa sia l’agente stressante che la sua reazione psico-neuro-endocrino-immunologica se non nel caso in cui questa coincida con lafinalità difensiva di fronte ad un pericolo imminente di sopravvivenza per l’organismo (Stress Acuto).
In generale, in questo contesto teorico, tutte le attivazioni psico-neuro-endocrino-immunologiche non finalizzate a risolvere un problema di sopravvivenza imminente sono considerate svantaggiose per l’organismo infatti sono in genere definite come Stress Negativo perché riducono la fitness biologica dell’organismo.
Sempre seguendo la logica di questi assunti relativi lo Stress, l’attivazione prolungata della Stress Response è sempre considerata negativa tanto che il termine Stress Cronico (che di per sé significa Stress che perdura nel tempo) è attualmente considerato sinonimo di attivazione psicofisiologica svantaggiosa a prescindere dalla natura dello stesso Stress non accettando la possibilità che esista uno Stress Cronico Positivo (Agnoletti, 2022).
Questa visione riduzionistica dello Stress sottostima grandemente gli aspetti e le finalità psicologiche e sociali di questo importante meccanismo psicofisico negando l’ormai riconosciuta ed imprescindibile integrazione tra gli aspetti mentali e quelli biologici che caratterizzano la specie umana (Agnoletti, 2021a; Agnoletti, 2022).
Risulta facile capire quindi perché, in questa visione dello Stress, non trovi attualmente un posto epistemologico lo Stress Positivo caratterizzato ad esempio da emozioni positive di gratificazione non contestualizzabile in una funzione difensiva per la sopravvivenza (pur essendo uno dei bisogni umani più basilari, frequenti e caratterizzanti la specie umana).
Il padre del concetto di Stress Hans Selye (1976), così come molti altri eccellenti autori come Lazarus & Folkman (1987), McEwen (2007), Sapolsky (2006) e Chrousos (2009), hanno nel tempo accumulato molti dettaglisulla natura psicologica, fisico-chimica, fisiologica e molecolare del concetto di Distress senza mai approfondire la natura dello Stress Positivosempre facente parte di questo fondamentale meccanismo biologico adattativo che non possiede unicamente funzioni difensive finalizzate a preservare o ripristinare l’omeostasi dell’organismo.
Chrousos e Agorastos (Agorastos & Chrousos, 2021) sintetizzano il concetto classico di Stress in modo paradigmatico affermando che: “Lo stress è definito da uno stato di minaccia all’ equilibrio omeodinamico da un’ampia gamma di sfide o stimoli intrinseci o estrinseci, reali o percepiti, definiti come fattori di stress. Per preservare questo stato omeodinamico ottimale all’interno di un intervallo fisiologico, gli organismi hanno sviluppato un sistema altamente sofisticato, il sistema dello stress, che serve all’autoregolazione e all’adattabilità dell’organismo mediante il re-indirizzamento dell’energia in base alle esigenze presenti.”.
Anche in questa precisa definizione si comprende chiaramente quanto l’orientamento sia quasi esclusivamente focalizzato sull’aspetto biologico dell’organismo senza far riferimento ai suoi aspetti altrettanto psicologici e socioculturali altrettanto importanti.
La definizione in oggetto include l’espressione “…un’ampia gamma di sfide o stimoli intrinseci o estrinseci, reali o percepiti, definiti come fattori di stress” che potrebbe far pensare ad una concettualizzazione più ampia di quella attualmente intesa ma il resto della definizione sembra essere contradditoria con quest’espressione perché si fa riferimento alla frase “Per preservare questo stato omeodinamico ottimale all’interno di un intervallo fisiologico…”.
Naturalmente non sto negando qui l’importanza del fondamentale livello fisiologico-biologico ma ci tengo a sottolineare che, all’interno delle evidenze scientifiche attualmente disponibili dove si sottolinea con sempre maggiore forza l’alta integrazione umana tra i piani informazionali biologici, psicologici e socioculturali, una moderna definizione di Stress dovrebbe essere coerente con essa per evitare un riduzionismo irrealistico che non riesce a rappresentare la complessità umana (Agnoletti, 2020; Agnoletti, 2021a;Agnoletti, 2022).
Attualmente, infatti, si parla di Stress Positivo solo se la reazione di Stress è finalizzata a preservare la sopravvivenza, in tutti gli altri casi,lo ribadisco, si parlerà di Stress Negativo.
Faccio notare che in questa definizione Positivo e Negativo hanno un senso solo ed esclusivamente sul piano teleonomico biologico non psicologico né tantomeno socioculturale.
Ho il sospetto che il successo della ricerca biomedica sullo Stress Negativo soprattutto nelle sue dinamiche molecolari (Stress ossidativo, Radicali liberi, Ages, etc.) ha, nel tempo, ulteriormente focalizzato il paradigma dello Stress come fattore essenzialmente negativo tanto che vi è un generale paradosso consistente nel fatto che se da una parte quasi tutta la comunità scientifica è concorde a livello concettuale nell’ammettere che esiste anche uno Stress Positivo (talvolta anche diverso dal meccanismo del “Fight or Flight”) è altrettanto monolitica nel non ammettere concettualmente l’esistenza, a livello biomolecolare,dello Stress Positivo.
A confermare quanto appena affermato, attualmente, per la maggior parte di studiosi, parlare degli effetti dello Stress Positivo a livello molecolare risulta essere un concetto quasicontraddittorio.
Il gap teorico che ho appena descritto è reso evidente, ad esempio, dalle molte ricerche che ci dimostranoquanto le persone ottimiste o che gestiscono efficacemente lo stress psicosociale siano anche più longeve quindi più performanti dal punto di vistadella fitnessbiologica (Epel et al., 2004;Lee et. al, 2019; James, et. al, 2019).
Seppure tutti i meccanismi causali non siano attualmente chiariti vi è senza dubbio un rapporto tra l’aspetto psicologico e quello che determina la differente longevità quindi vi deve essere un livello, attualmente grandemente sottovaluto, fisiologico ed epigenetico cellulare di queste dinamiche.
Questo è il motivo per cui sono sempre più convinto che per cambiare paradigma dello Stress aggiornandolo con un paradigma più complesso e realistico che includa anche lo Stress Positivo, occorra una definizione che includa la dimensione del significato (Agnoletti 2020; Agnoletti 2021a) e che abbia anche una definizione operativa molecolare chiara quanto quella già disponibileper lo Stress Negativo (Agnoletti, 2022a).
A mio avviso, grazie alle scienze dei Telomeri, i tempi sono maturi per definire anche lo Stress Positivo a livello molecolare ecco perché adesso introdurrò velocemente il tema dei Telomeri prima di presentare quella che per me èil meccanismo che dimostra l’operazionalizzazione sul piano molecolare dell’Eustress.
In genere per spiegare il ruolo e la funzione dei telomeri si usa la metafora dei “terminali” plastificati dei lacci delle scarpe dove i lacci stessi rappresentano l’informazione genetica del nostro DNA.
La metafora riesce a comunicare facilmente l’importanza dei telomeri nel garantire la struttura del nostro contenuto genetico scongiurando di conseguenza la situazione in cui l’informazione contenuta nel nostro patrimonio genetico non sia più utilizzabile dai processi cellulari determinandone il degrado e la morte cellulare stessa che in termini di organismo sono rappresentati da molte problematiche psicofisiche come problemi cardiovascolari, immunologici, etc.
I telomeri ad ogni divisione cellulare si accorciano progressivamente, e questo graduale processo di accorciamento rappresental’“invecchiamento” cellulare e quindi l’aspettativa di vita residua.
Uno speciale enzima chiamato “telomerasi” riesce a contrastare, anche se parzialmente, l’effetto di consumo dei telomeri aggiungendo basi alla loro struttura molecolare rallentando quindiil ritmo di invecchiamento cellulare (Andrews & Cornell, 2017; Armanios, 2013; Blackburn, 1991; Blackburn, 2010).
Mentre quindi alcuni fattori “accelerano” l’accorciamento dei telomeri perché limitano l’azione ricostruttiva dalla telomerasi (si pensi ad esempio al fumo, la bassa qualità/quantità di sonno, la sedentarietà, al distress cronico, al rimuginio frequente, la depressione, il pessimismo, l’alimentazione scorretta, etc.) altri fattori “rallentano” il ritmo di accorciamento telomerico dovuto alla replicazione cellulare perché attivano più efficacemente la telomerasi (meditazione, una regolare attività motoria, una corretta nutrizione, una corretta qualità del sonno, etc.).
Questa particolare dinamica è stata definita dal dr. Bill Andrew, biologo di fama mondiale anche per aver diretto il gruppo di ricerca che ha identificato per la prima volta l’enzima telomerasi, “tug of war”, cioè “tiro alla fune” perché l’accorciamento in termini assoluti dei telomeri è determinato dal risultato delle forze che tendono a contrastare l’accorciamento telomerico riducendo l’attività della telomerasi e le forze che agiscono esattamente in senso opposto (Andrews & Cornell, 2017).
Sia a livello clinico, di promozione e prevenzione della salute psicofisica è dunque fondamentale possedere telomeri che compiono il loro fisiologico accorciamento in maniera più lenta possibile rafforzando la capacità della telomerasi affinché sia possibile estendere quanto più possibile la nostra longevità residua oltre che la non meno importante qualità di vita in termini di vulnerabilità nei confronti di problematiche cardiocircolatorie, immunitarie e molte altre tutte connesse con il consumo telomerico (Agnoletti, 2018a; Agnoletti, 2018b; Agnoletti, 2018c).
Attualmente i telomeri sono considerati il nostro orologio biologico più affidabile essendo così strettamente connesso con l’invecchiamento cellulare, la nostra longevità e la probabilità di essere o meno vulnerabili a tutta una serie di problematiche psicofisiche (Andrews & Cornell, 2017; Armanios, 2013).
Alla luce di quanto descritto sopra è quindi ora possibile proporre una definizione operativa di Stress Positivo nel senso che, così come vengono definiti fattori stressanti negativi tutti quei fattori che influenzano negativamente sulla lunghezza assoluta dei telomeri attraverso il basso funzionamento della telomerasi, possono essere altresì intesi come stressanti positivamente quei fattori che funzionano facendo attivare maggiormente la telomerasi determinando quindi un rallentamento del ritmo di consumo dei telomeri stessi.
Come definizione di Stress Positivo a livello molecolare potremmo quindi affermare che sono tutti quei fattori epigenetici che aumentano l’attività della telomerasi con il risultato di rallentare il processo di accorciamento dei telomeri con i derivanti benefici in termini di minor invecchiamento cellulare.
Al pari dello Stress Negativo che impatta a livello epigenetico esattamente nella direzione opposta, lo Stress Positivo trova quindi una sua collocazione anche molecolare che ben si accorda con una visione psico-neuro-endocrino-immunologica all’interno del paradigma bio-psico-sociale dove le componenti socioculturali e psicologiche hanno il loro corretto riconoscimento anche nell’influenzare le dinamiche fisico-chimiche caratteristiche della dimensione biologica.
La lunghezza assoluta dei telomeri ed il loro ritmo di accorciamento sono quindi determinati epigeneticamente da molteplici fattori quali l’esposizione a fattori stressanti negativamente ma anche relativi lo Stress Positivo, in termini di benessere psicologico, gli stili di vita che adottiamo (motori, alimentari, del sonno, etc.) e molti altri fattori (Armanios & Blackburn, 2012; Blackburn, Epel & Lin, 2015; Calado & Young, 2009; López-Otín et al. 2013).
La definizione operativa molecolare di Stress Positivo e di Stress Negativo ha senso all’interno di un concetto di Stress che include tutte le teleonomie bio-psico-sociali caratterizzanti la specie umana (Agnoletti, 2020; Agnoletti, 2021a; Agnoletti, 2021b Agnoletti, 2022)perché solo così è possibile distinguere l’impatto dello Stress, ad esempio, dai processi oncologici connotati da una telomerasi molto attiva che pur determinando una virtuale assenza di invecchiamento cellulare delle cellule tumorali, rappresenta naturalmente una teleonomia biologica che interferisce e danneggia quella dell’organismo nel quale di sviluppa.
Nei termini della bella metafora del “tiro alla fune” dei telomeri coniata dal dr. Bill Andrew, che ho il piacere di conoscere personalmente, il risultato del ritmo di riduzione dei telomeri avviene dalla sommatoria dello Stress Negativo e da quello Positivo che impattano sull’attività dell’enzima telomerasi tramite l’effetto “imbuto dei telomeri” dello varie componenti epigenetiche (Agnoletti, 2019).
All’interno del settore della Psicologia Epigenetica (Agnoletti, 2018c), la definizione operativa di Stress Positiva e di Stress Negativo permette di poter esplorare empiricamente l’impatto delle influenze cognitive, emotive e motivazionali a livello molecolare e cellulare con importanti potenziali implicazioni per la promozione del benessere psicofisico delle persone sia a livello clinico che non.
Bibliografia
Agnoletti, M. (2022). Il moderno concetto di stress necessita di concettualizzare edoperazionalizzare anche lo stress positivo. State of Mind, 1.
Agnoletti, M. (2021a). La dimensione del significato è necessaria per comprendere la distinzione tra eustress e distress. Medicalive Magazine, 9, 8-15.
Agnoletti, M. (2021b). L’epigenetica e l’olobionte umano-microbiota. Medicalive Magazine, 5, 19-26.
Agnoletti, M. (2020). La differenza tra stress positivo e negativo non è solo di natura quantitativa. Medicalive Magazine, 11, 25-30.
Agnoletti, M. (2019). L’Effetto Imbuto o Effetto Collo di Bottiglia dei telomeri, Medicalive Magazine, 5, 19-21.
Agnoletti, M. (2018a). L’Asse psiche-telomeri ecco come la mente influenza l’invecchiamento. PNEINEWS, 5, 4-9.
Agnoletti, M. (2018b). La Scienza dei Telomeri. Come sta cambiando radicalmente il concetto d’invecchiamento con importanti conseguenze sul piano della salute e del benessere psicofisico umano. Medicalive Magazine, 8.
Agnoletti, M. (2018c). La nuova frontiera della psicologia: la Psicologia Epigenetica. State of Mind,10.
Agorastos, A. & Chrousos, G.P. (2021). The neuroendocrinology of stress: the stress-related continuum of chronic disease development. Mol Psychiatry, https://doi.org/10.1038/s41380-021-01224-9
Andrews, B. & Cornell, J. (2017). Telomere Lenghtening. Nevada, USA. Sierra Science.
Armanios, M. (2013). Telomeres and age-related disease: how telomere biology informs clinical paradigms. J Clin Invest; 123: 996-1002.
Armanios, M., & Blackburn, E. H. (2012). The telomere syndromes. Nature reviews. Genetics, 13(10), 693–704. https://doi.org/10.1038/nrg3246
Blackburn, E. H., Epel, E. S., & Lin, J. (2015). Human telomere biology: A contributory and interactive factor in aging, disease risks, and protection. Science (New York, N.Y.), 350(6265), 1193–1198. https://doi.org/10.1126/science.aab3389
Blackburn, E.H. (2010). Telomeres and telomerase: the means to the end (Nobel lecture). Angew Chem Int Ed Engl; 49: 7405-21.
Blackburn, E.H. (1991). Structure and function of telomeres. Nature; 350: 569-73.
Calado, R.T., & Young, N.S. (2009). Telomere diseases. N. Engl. J. Med.; 361: 2353-65.
Chrousos G. P. (2009). Stress and disorders of the stress system. Nature reviews. Endocrinology, 5(7), 374–381. https://doi.org/10.1038/nrendo.2009.106
Epel, E., Blackburn, E., Linn, J., Dhabhar, F., Adler, N., Cawthon, R., Morrow, J. (2004). Accelerated telomere shortening in response to exposure to life stress. PNAS 101,17312–17315.
James, P., Kim, E. S., Kubzansky, L. D., Zevon, E. S., Trudel-Fitzgerald, C., & Grodstein, F. (2019). Optimism and Healthy Aging in Women. American journal of preventive medicine, 56(1), 116–124. https://doi.org/10.1016/j.amepre.2018.07.037
Lazarus, R. S. & Folkman, S. (1984). Stress, appraisal, and coping. New York: Springer.
Lee, L. O., James, P., Zevon, E. S., Kim, E. S., Trudel-Fitzgerald, C., Spiro, A., 3rd, Grodstein, F., & Kubzansky, L. D. (2019). Optimism is associated with exceptional longevity in 2 epidemiologic cohorts of men and women. Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America, 116(37), 18357–18362. https://doi.org/10.1073/pnas.1900712116
López-Otín, C., Blasco, M. A., Partridge, L., Serrano, M., & Kroemer, G. (2013). The hallmarks of aging. Cell, 153(6), 1194–1217. https://doi.org/10.1016/j.cell.2013.05.039
McEwen, B. S. (2007). Physiology and neurobiology of stress and adaptation: central role of the brain. Physiol. Rev. 87, 873–904.
Sapolsky, R. (2006). Perché alle zebre non viene l’ulcera? Orme Editore, Milano.
Selye, H. (1976). Stress in health and disease. Butterworth’s, reading, Massachusetts.
Fonte articolo:
https://www.medicalive.it/la-scienza-dei-telomeri-permette-di-distinguere-leustress-dal-distress